La merce acquistata non sempre si cambia. E allora, anche nella caccia all'affare la prima regola è non farsi prendere dalla frenesia, ma scegliere con calma e, se possibile, provare i capi per testare taglie e modelli.
In caso di ripensamento dopo l'acquisto non c'è l'obbligo per il commerciante di cambiare il prodotto (e tanto meno di risarcire il cliente), perché per le vendite in negozio non esiste il cosiddetto diritto di recesso dei contratti stipulati fuori dei locali commerciali.
Il cambio è quindi solo a discrezione del negoziante, che spesso lo assicura ma sempre dietro presentazione dello scontrino fiscale. Una possibilità su cui in caso di indecisione è sempre meglio accordarsi preventivamente prima di effettuare l'acquisto.
La prova di indumenti o calzature è sempre consigliabile, ma anche questa è rimessa alla discrezionalità del commerciante: normalmente, tranne in particolari situazioni di caos nei camerini, viene sempre consentita per quasi tutti i prodotti, escludendo quelli (come la biancheria intima) in cui sono le esigenze igieniche a sconsigliarlo.
C'è un caso, però, per cui il cambio della merce è un diritto per il cliente. È quello in cui il prodotto acquistato si scopra difettato o semplicemente non rispondente alla caratteristiche con cui era stato pubblicizzato. Allora il commerciante è tenuto alla riparazione senza spese per il cliente, oppure alla sostituzione del prodotto.
Ma se queste ipotesi appaiono impossibili o eccessivamente onerose, può anche optare per una riduzione parziale o totale della somma pagata. La garanzia sui prodotti difettosi ha valore per due anni dalla consegna bel bene, ma il difetto va denunciato entro due mesi dalla scoperta.
Se si presenta nei primi sei mesi si presuppone esistesse già all'acquisto e spetta al venditore l'onere della prova. Se invece il difetto si manifesta tra il settimo e il ventiquattresimo mese, sarà il cliente a dover dimostrare di non esserne responsabile con la sua attività. (P. Or.)